“I believe that love is the greatest thing in the world; that it alone can overcome hate; that right can and will triumph over might.”
John D. Rockefeller jr
Al 1260 Avenue of the Americas, New York, NY, 10020 (all’angolo con 50th Street, in piena Midtown Manhattan) si eleva uno dei luoghi di spettacolo più famosi al mondo, icona della più che centenaria cultura teatrale americana, palcoscenico illustre, esempio architettonico perfetto di quell’Art Decò che ha raccontato un’era elettrizzante, il luogo simbolo di chiunque subisca il fascino del divismo quasi mitologico dei personaggi che hanno popolato le scene musicali e cinematografiche del XX secolo.
Il Radio City Music Hall, il più grande teatro al coperto del mondo, quello che gli Americani definiscono “Showplace of the Nation”, è la mecca per chiunque subisca il fascino della cultura ispirata ai cosiddetti anni d’oro del cinema e del mondo dello spettacolo americano, diventando punto di riferimento e fonte di ispirazione per generazioni di artisti; farne una ricerca è fare un viaggio nella storia dello spettacolo, con quella sensazione, o aspirazione, a carpirne i segreti, i misteri che aleggiano attorno allo scintillante Great Stage, e che sono destinati, immancabilmente, a rimanere tali. Un viaggio trasversale attraverso la moda, la musica, il cinema, ma anche l’arte e l’architettura del Radio City Music Hall: non un teatro di New York, ma “Il Teatro”, che ha divertito intere generazioni con concerti, programmi radiofonici e televisivi e spettacoli di ogni genere, alcuni dei quali sono diventati un appuntamento fisso imperdibile, come il “Radio City Christmas Spectacular”, il tradizionale spettacolo natalizio che viene portato in scena dal 1933.
Ripercorrerne la storia dà la sensazione di essere dentro qualcosa di veramente straordinario e di divinamente newyorkese, costruito durante quegli anni 30’, che furono definiti, da uno dei massimi esperti in materia, come un periodo ‘molto eccitante’ in America e in particolare a New York: erano decenni di pericolosi gangster, di gioco d’azzardo, di musica fantastica, vestiti e capigliature divini, erano anni coloriti da portare sullo schermo” (Woody Allen).
Il progetto nasce quando un tale John D. Rockfeller Junior, potente industriale e noto filantropo, prende una decisione coraggiosa, che avrebbe lasciato un impatto duraturo sul paesaggio architettonico e culturale della città. Fu avvicinato nel 1928 da un gruppo di importanti cittadini di New York che cercavano di costruire un nuovo teatro d’opera per la Metropolitan Opera Company. Nell’ottobre dello stesso anno, firmò un contratto di affitto con la Columbia University per un appezzamento di terreno a Midtown Manhattan,nota come ” speakeasy belt”. Sfortunatamente, le lotte intestine tra i membri del comitato di opera e il mercato azionario del 1929 portarono alla fine del progetto, lasciando Rockefeller con un affitto a lungo termine che gli costò $ 3,3 milioni all’anno.
Piuttosto che tentare di rompere il suo contratto d’affitto, Rockefeller decide di costruire un intero complesso di edifici, di una qualità eccezionale tale, che avrebbe inevitabilmente attratto gli inquilini, nonostante la città vivesse un clima commercialmente depresso, come di fatto era la New York a lui contemporanea… Di più, al di là delle preoccupazioni fiscali, il progetto verrà realizzato allo scopo di esprimere i più alti ideali di architettura e design e si ergerà come simbolo di ottimismo e speranza, che avrebbe lasciato un forte impatto sul tessuto di New York City, il “Sogno Americano” per intenderci, come l’avrebbe lasciato la tristezza della Grande Depressione.
La ricerca di un partner commerciale condusse alla Radio Corporation of America (RCA) e David Sarnoff, l’uomo che ne stava a capo, soprannominò il teatro “Radio City”. Alla potenza finanziaria di Rockefeller e ai media della RCA, si unirono i talenti straordinari dell’impresario e stella della radio S.L. “Roxy” Rothafel, che, sottratto all’industria del cinema, si era guadagnato una reputazione come genio teatrale impiegando un’innovativa combinazione di vaudeville, film e decorazioni abbaglianti per far rivivere teatri in difficoltà nell’America contemporanea. Per realizzare questo progetto le sue idee risultano, tuttavia, eccessive per gli architetti del Rockfeller Center, più ispirati dal sobrio e dall’essenziale della modernità. Roxy viene, quindi, invitato a intraprendere un viaggio verso l’Europa, per poter vedere i risultati dell’architettura moderna nell’ambito dei nuovi e grandi teatri.
Al fatto storico, subentra un fatto leggendario, confermato da lui stesso in un’intervista rilasciata alla stampa, secondo cui durante il viaggio di ritorno, annoiato dal vecchio continente, egli rimanga letteralmente estasiato dallo spettacolo del tramonto o dell’alba,(le fonti riportano notizie contrastanti), in mezzo all’Oceano visto dal ponte della nave: quella è l’immagine che lui vuole per il suo teatro.Ecco che l’immenso e luminoso spazio curvilineo che si restringe progressivamente fino al palco, acquista un significato ben preciso: è il sole e la luce diffusa dalla tenda che chiude la scena sono i suoi raggi.
Le grandiose idee di Roxy trovano riscontro ed espressione nell’estro di un allora sconosciuto designer, Donald Deskey, che attraverso questo progetto si assicura gloria eterna. Il teatro infatti vanta un design unico al mondo.
Deskey, che aveva precedentemente progettato stanze per la residenza di Manhattan dei Rockefeller, era un sostenitore dell’ideale Bauhaus secondo cui il design non dovrebbe aggrapparsi al passato, ma stabilire un suo classicismo nuovo e senza tempo. Aveva anche frequentato l’Esposizione Internazionale delle arti decorative e industriali moderne, l’esposizione del 1925 che ha segnato l’inizio dello stile Art Deco.
Deskey fa dell’arte una parte integrante del design, coinvolgendo i migliori artisti a collaborare e coordinando il processo di progettazione degli interni. Gli interni di Deskey sono considerati uno dei massimi esempi di Art Déco nel mondo. Furono progettati oltre trenta spazi, tra diversi saloni, stanze per fumatori, ecc.; furono creati murales, rivestimenti murali e sculture; furono assunti disegnatori tessili per sviluppare i motivi per i tendaggi e i tappeti; artigiani per realizzare ceramiche, pannelli in legno e lampadari e tutti i dettagli decorativi per completare gli spazi interni del teatro. Impiegò una combinazione brillante di materiali preziosi (tra cui marmo e lamina d’oro) e materiali industriali (tra cui bachelite, permatex, alluminio e sughero), combinati con il vetro, il cromo e la pelle per i rivestimenti, per la moquette, i lampadari e i mobili.
Per un osservatore esterno, quale sia la reale portata del teatro non è immediatamente evidente. Mentre il tendone al neon si estende per un intero isolato, la biglietteria consiste in uno spazio abbastanza minimale. Ma attraversando le porte, il Grand Foyer, una hall alta 18 metri disegnata da Edward Durell Stone sotto la supervisione di Deskey, accoglie con tutta la sua elegante austerità e un lusso Art Deco più sobrio e aerodinamico: specchi a tutta altezza con retro e cornici in oro invece del solito argento, vestiboli di marmo rosso, un immenso murale, Ezra’s winter, composto degli stessi colori rosso e oro del resto della stanza, , scale dotate di ringhiere in ottone, tratto tipico dell’art decò. Si tratta di una rottura con gli ornamenti rococò dei teatri tipici del periodo che imitavano tendenzialmente stili esotici di altre culture o del passato; il Radio City Music Hall doveva lasciare il segno attraverso un approccio moderno e un rigore ragionato, tanto da sembrare più un salone di un transatlantico che la hall di un teatro.
L’auditorium è naturalmente il fulcro del Music Hall. Misura quasi 49 metri dal retro al palcoscenico e il soffitto raggiunge un’altezza di 25 metri all’incirca, ed è in grado di ospitare oltre 6.000 spettatori. Il suo spleen romantico, con la serie di archi d’oro concentrici dotati di luci colorate nascoste dietro ogni arco successivo, frutto dell’ingegno di Roxy, è entrato di fatto nell’immaginario collettivo. La sensazione di maestosità e intimità allo stesso tempo, lo scalone regale, i lampadari (i più grandi del mondo!) e le poltrone rosse, sono tutte affascinanti e raffinate ingegnosità che amplificano la sensazione di essere di fronte ad un tramonto o a un sole nascente.
The Great Stage, Il palcoscenico d’oro scintillante più grande del mondo, considerato dagli esperti tecnici come il più perfettamente equipaggiato al mondo, è incorniciato da un enorme arco di proscenio che misura 60 piedi di altezza e 100 di larghezza. Per più di sessantacinque anni il pubblico si è emozionato al suono dell’organo “Mighty Wurlitzer”, che è stato costruito appositamente per il teatro. Per gli effetti speciali tutt’ora sono utilizzati i meccanismi originali che consentono, per esempio, di inviare fontane d’acqua e torrenti di pioggia, così come nebbia e nuvole. Persino il sipario era una novità tecnologica, con tredici motori elettrici che guidavano cavi che potevano consentire al panneggio di assumere una varietà di configurazioni insolite oltre a essere semplicemente aperto o chiuso.
Dietro una tale sorprendente scenografia, si nasconde una città parallela nel retroscena, altrettanto incredibile e incantevole.
Sartorie, dormitori per le ballerine, sale prove, un piccolo ospedale e, ovviamente, l’appartamento di Roxy a sovrastare e vigilare la sua creazione: tutto votato a realizzare sorprendenti varietà di alto livello.
Fu inaugurato il 27 dicembre 1932 con la versione cinematografica della commedia di Philip Barry “The Animal Kingdom” e nonostante il programma d’apertura fu stroncato da critica e partecipanti, giudicato lungo e noioso, il teatro con i suoi eleganti interni Art Deco di Deskey fecero scalpore. Un articolo pubblicato il giorno seguente dal New York Tribune citava testualmente “L’elemento meno importante dell’evento di ieri sera è stato lo stesso spettacolo…è stato detto della nuova Music Hall che non ha bisogno di artisti; che la sua bellezza e le sue comodità da sole sono sufficienti per gratificare i più golosi tra i giocatori”.
L’enorme schermo di Radio City e i sedili molto distanziati ne fanno il cinema ideale. Dal 1933 le premiere cinematografiche sono state oltre 700. Includono l’originale King Kong; National Velvet, il film che ha assicurato la presa di Elizabeth Taylor sul grande schermo; White Christmas di Michael Curtiz; Colazione da Tiffany; To Kill a Mockingbird, con protagonista l’usciere di Radio City, Gregory Peck; Mary Poppins; La carica dei 101…
Cary Grant, Ginger Rogers e Katharine Hepburn portarono a casa numerosi premi al botteghino di Radio City per il numero di film proiettati qui.
L’ intero apparato dedicato al varietà è una risorsa molto appetibile e il desiderio di creare uno spettacolo appropriato in grado di utilizzarlo al meglio porta alla nascita del The Rockettes: uno spettacolo in cui la severa disciplina dell’ambita compagnia di ballo porta ad una bravura e una precisione tale che si ha la sensazione di vedere la stessa ballerina che danza replicata infinite volte.
A Natale si svolge “Radio City Christmas Spectacular”, il grande show dedicato al Natale che con una scaletta consolidata di numeri teatrali, danze, canti e racconti natalizi, ogni anno perfezionata e arricchita di effetti speciali, ricrea l’atmosfera incantata che aleggia nei sogni dei bambini in questo periodo dell’anno. Le Rockettes sono impeccabili. Con i loro i loro costumi ricchi di cristalli Swarovski illuminano lo spettacolo e i loro slanci di gambe perfettamente sincronizzati ricreano figure e immagini perfette tanto da dare l’impressione di trovarsi davanti ad un numero di nuoto sincronizzato. Le musiche che fanno da colonna sonora alla serata ripercorrono il repertorio dei grandi classici natalizi, come nella migliore tradizione degli spettacoli teatrali di Broadway.
Negli anni la sala dorata del Radio City Music Hall ospita, oltre alle Rockettes, personaggi leggendari come Aretha Franklin e Frank Sinatra: i Pink Floyd, Ella Fitzgerald, John Denver, Ray Charles, B.B. King, Liza Minnelli, Liberace, Tony Bennett, Josè Carreras, Linda Ronstadt, L’Orchestra di Count Basie, Sammy Davis jr, Sting, Madonna, Eurythmics, Alanis Morisette, Lady Gaga, e tanti altri.
Passato e presente sanciscono il ruolo importante che riveste questa struttura nel panorama della città di New York e del mondo dello spettacolo. E il segno che ha lasciato nell’immaginario della moda è profondo tanto quanto l’arco solare: dallo splendido abito a sirena di Marilyn Monroe alla prima di “Il Principe e la ballerina” firmato dall’insostituibile Norman Norell all’impeccabile stile Sinatra con i suoi tuxedo creati esclusivamente su misura, al vestito da sposa di Madonna, quell’esibizione se è rimasta nella storia è soprattutto grazie a quel look che ha segnato un’epoca. Gli abiti scintillanti di Liza Minnelli, Diana Ross e i look egocentrici del duca Bowie che mischiando eleganza classica alla sua innata, signorile stravaganza ha fatto di sé un vero e proprio mito vivente. Le sue mise, il suo gusto e tutto ciò che ha impersonato sono stati ripresi più volte nel mondo della moda. Ancora ultimamente Hedi Slimane, il direttore creativo di Saint Laurent che ha reso di moda lo stile skinny anche per gli uomini, ha detto di essersi ispirato al personaggio del Thin White Duke di Bowie.
Radio City Music Hall è nato come palazzo della gente con grandi sogni in quanto da subito ha assunto lo status di luogo di bellezza che offre un tipo di intrattenimento di alta qualità, ma con prezzi accessibili a tutti. Era inteso per intrattenere e divertire, ma anche per elevare e ispirare. Nei decenni successivi alla piovosa notte invernale del 1932, il Radio City Music Hall ha consolidato il suo status di uno dei luoghi di spettacolo più importanti al mondo.
Dunque, se siete in visita nella Big Apple, o siete pronti per partire, non potete non assistere a uno degli spettacoli più belli del mondo! Acquistate il ticket, anche online e buon divertimento!
E, soprattutto, BUON NATALE!
Marisa Maria Polizzi